Costantino (Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO TERZO
 
 Portici imperiali.
 
 SCENA PRIMA
 
 MASSIMIANO e LEONE
 
 MASSIMIANO
635Fuggi, o Leon. Tradito
 t’ha la viltà de’ congiurati. Fuggi.
 LEONE
 No, signor. Qui si resti. A Massimiano
 ponno giovare ancor le mie catene,
 la mia fuga nol può. Lasciami a fronte
640dell’irato monarca.
 Il suo spavento accrescerò, se parlo;
 il suo furor confonderò, se taccio.
 Mi fingerò sin tuo nimico. Allora
 giurami l’odio tuo. Stimola l’ire;
645e nello stesso inganno
 più fedele ti creda il mio tiranno.
 MASSIMIANO
 Facciasi. Quel poter ch’ho sul regnante
 sarà la tua difesa.
 LEONE
 Ma la fé di Licinio?
 MASSIMIANO
650Ella mi è certa. Io vado a Costantino,
 onde tutto ei mi affidi ’l suo destino.
 
    Con l’inganno e col valore
 il mio core torna al regno.
 
    Son catene della sorte
655braccio forte e scaltro ingegno.
 
 SCENA II
 
 LEONE e EMILIA con guardie
 
 EMILIA
 Leon, trattieni ’l passo.
 LEONE
 D’armi cinto e custodi a me ten vieni?
 EMILIA
 A te che, qual tradisti un fido amore,
 anche al cesare tuo sei traditore.
 LEONE
660Tradimento non cade,
 Albin, su la mia fede.
 EMILIA
 Eh, vantati innocente, anima infida,
 a chi men ti conosce
 e non a me. Mi vuol ministro il cielo
665e dell’altrui vendetta e della mia.
 LEONE
 Tanto sdegno in Emilia?
 EMILIA
 Per le offese di Emilia a te non parlo.
 Tratto quelle di augusto. Il suo comando
 in Albino rispetta e dammi ’l brando.
 LEONE
670Io prigionier? Per qual delitto? Ah, sire, (Vedendo Costantino)
 in che, dimmi, ti offesi? In che peccai?
 
 SCENA III
 
 COSTANTINO, MASSIMIANO e i suddetti
 
 COSTANTINO
 Tu, traditor, tu, scellerato, il sai.
 MASSIMIANO
 Leon fra’ congiurati?
 COSTANTINO
                                         Egli n’è il braccio.
 MASSIMIANO
 E il capo?
 COSTANTINO
                     A lui sol noto,
675ancor mi si nasconde;
 ma se nulla potrà l’ira di augusto,
 fra gli strazi e le morti
 tutto confesserà l’empio fellone.
 EMILIA
 (Di Emilia è indegno il traditor Leone).
 COSTANTINO
680La spada. (Leone dà la spada ad una guardia) Or parla; e dal tuo nume offeso
 cerca di meritar qualche pietade.
 Chi ti mosse a tradirmi? E su qual fronte
 meditasti portar la mia corona?
 LEONE
 Fedel son io; sono innocente.
 COSTANTINO
                                                       Indarno
685vanti fede e innocenza.
 Straton, Lucio e cent’altri,
 già tuoi ministri, or sono
 gli accusatori tuoi.
 LEONE
                                    (Perfidi e vili!)
 È vero, è vero. Io volli,
690cesare, assassinarti.
 EMILIA
                                       (Oh core iniquo!)
 LEONE
 Con la morte più atroce
 arma la tua vendetta. Io già la miro,
 senza ch’ella mi costi un sol sospiro.
 MASSIMIANO
 Premio saria la morte al tuo fallire,
695se sollecita e sola
 di tua vita troncasse il corso infame.
 COSTANTINO
 Sì, preceduta ella verrà da quante
 pene e terrori ha la giustizia e l’ira.
 LEONE
 Venga; ma non per questo
700fia sicuro il tuo impero.
 Vivrà noto a me solo il tuo nimico.
 Vivrà per vendicarmi. A lui giurata
 ho la fede e la vita.
 Fa’ quanto puoi. Non troverai tormento
705che mi renda infedel. Morrà Leone;
 ma vivrà la sua gloria e il tuo spavento.
 EMILIA
 (Fosse stato ad Emilia almen sì fido).
 LEONE
 E poiché tu m’insulti, (A Massimiano)
 tu trema ancor. Bastante
710una vittima sola
 non era all’odio mio. Cader dovea
 sopra il capo di augusto il primo colpo,
 il secondo sul tuo.
 COSTANTINO
 Che? Massimiano ancora
715scopo del tuo furor? Più non si pensi,
 signore, alla mia offesa;
 la tua, la tua dee vendicarsi. Il trono,
 se perdea Costantin, nulla perdea;
 ma in te perdeva il suo maggior sostegno.
 MASSIMIANO
720Che ti fec’io? Che Costantino, o indegno?
 EMILIA
 (Scampo non v’ha per lui).
 COSTANTINO
                                                   Compisci e svela
 l’autor di tanti eccessi.
 LEONE
 Quanto dir io dovea tutto già dissi.
 COSTANTINO
 Olà, sotto i tormenti
725gli si strappi dal sen tutta la colpa.
 LEONE
 Mi si strappi anche il core ov’è sepolta;
 né men per questo il tuo timor fia pago.
 COSTANTINO
 Albin...
 MASSIMIANO
                 T’accheta. Io, da molti anni avvezzo
 all’arte del regnar, saprò le vie,
730per cui trar dall’iniquo il chiuso arcano.
 La sua pena mi affida e la tua pace.
 Mal una colpa a Massimian si tace.
 COSTANTINO
 Signor, comune è il torto,
 il periglio è comun. Di quell’infame
735a te lascio il destin. Vanne, o fellone;
 e a lui de’ falli tuoi rendi ragione.
 LEONE
 Né Costantin né Massimiano io temo.
 MASSIMIANO
 Vieni al cimento e il tuo valor vedremo.
 LEONE
 
    Son traditor, son perfido;
740non merito pietà; ma non la voglio.
 
    Minacciami. Tormentami,
 sazia la crudeltà.
 Ti vedrò ancor per me tremar sul soglio.
 
 SCENA IV
 
 COSTANTINO ed EMILIA
 
 COSTANTINO
 Vi son più congiurati? Albin, tu ancora
745al mio fianco trarresti ’l tradimento?
 EMILIA
 Di vita mancherò ma non di fede.
 COSTANTINO
 Questa da’ miei più cari
 ancor mi fu giurata e pur son empi.
 EMILIA
 Sien tuo scudo e tua speme
750innocenza e virtù.
 COSTANTINO
                                    Le auguste stanze
 custodisci fedel. Di Fausta i passi
 cauto osserva; ed assolvi
 dal più fiero de’ mali i miei spaventi.
 EMILIA
 
    Offendi la virtù,
755fai torto all’onestà,
 se del suo fido amor
 tu sei geloso.
 
    Se tuo piacer già fu
 l’illustre sua beltà,
760il nobile suo cor
 sia tuo riposo.
 
 SCENA V
 
 COSTANTINO
 
 COSTANTINO
 Il so. Fausta ha virtù. Fausta è consorte;
 ma la consorte, oh dio! non è l’amante.
 La vista di Licinio
765l’agita e può sedurla. Un chiuso foco,
 che tacito divampa,
 può, se l’esca è vicina, alzar la vampa.
 
    Temo inganni.
 Mi s’insidia e vita e impero;
770ma mia pena assai più ria
 tu sei solo, o gelosia.
 
    Fausta, è vero,
 sei pudica, hai nobil core;
 ma il poter, più che l’amore,
775ti fe’ sposa e ti fe’ mia.
 
 Atrio interno nel palazzo imperiale.
 
 SCENA VI
 
 FLAVIA ed EMILIA
 
 FLAVIA
 Come?
 EMILIA
                 Leon della congiura è reo.
 Questo è il merto di lui, questo è il valore.
 FLAVIA
 Traditore Leon?
 EMILIA
                                 Sì, traditore.
 FLAVIA
 Convinto?
 EMILIA
                      Dal suo labbro
780e lo accusan più rei.
 FLAVIA
                                       Creder nol posso.
 Forse per fine occulto
 può Leone mentir. Perché innocente,
 posson gli empi accusarlo.
 L’error sia certo e lascierò di amarlo.
 
 SCENA VII
 
 LICINIO e le suddette
 
 LICINIO
785(Opportuno è qui Albin... Ma Flavia è seco).
 FLAVIA
 Non turbarti, o Licinio,
 io son giusta, tu amante. Un tuo rifiuto,
 ch’onta non è del mio,
 del libero tuo cor non sia rimorso.
 LICINIO
790Mia scusa è la mia stella.
 FLAVIA
 E perciò non mi offendo
 se, per ugual destino,
 me, che amarti non posso, amar non sai.
 EMILIA
 (Un più concorde amor non vidi mai).
 FLAVIA
795Liberi amiam. Se l’amor mio non sei,
 s’io non son la tua bella,
 tu la tua ne condanna, io la mia stella.
 
    No, non amarmi, no;
 né meno io t’amerò.
800Così non mi dirai
 ch’io sia crudele;
 né tu rimorso avrai
 di essermi ingrato.
 
    Se penar non sai per me,
805se per te non sento ardor,
 non è colpa d’amor,
 colpa è del fato.
 
 SCENA VIII
 
 EMILIA e LICINIO
 
 EMILIA
 Come, signor? La man di Flavia e il trono
 non vagliono per te Fausta perduta?
 LICINIO
810Albino, in questo core
 non succede altro amore a quel di Fausta.
 EMILIA
 Ma l’amar senza spene...
 LICINIO
 Mostra eterno l’amor. Sinché al ciel piacque,
 esca al mio foco eran di Fausta i rai.
815Or di lei, moglie augusta,
 servo alla gloria, all’innocenza; e fuggo,
 tiranno del mio core, anche i suoi sguardi.
 EMILIA
 Nobile amor!
 LICINIO
                            Tu servi, Albino, a questa
 necessaria virtù. Reca alla bella
820da Licinio vassallo,
 non da Licinio amante, in questo foglio
 ciò che val dell’impero
 l’alto riposo e la comun salvezza. (Le dà una lettera)
 EMILIA
 È mia legge il tuo cenno.
 LICINIO
 
825   Dille ch’io l’amo,
 dille ch’io peno;
 ma nel mio seno
 puro e innocente
 tace l’amore.
 
830   Se col labbro dir nol sai,
 lo dirai con questo ardente
 mio sospir che vien dal core.
 
 SCENA IX
 
 FAUSTA ed EMILIA, poi COSTANTINO
 
 EMILIA
 Da questo foglio, augusta,
 di Licinio vassallo,
835non di Licinio amante, i sensi intendi.
 Tanto ei mi disse.
 FLAVIA
                                    A me lo porgi. (Oh fido!) (Legge piano)
 EMILIA
 (Ubbidito è Licinio).
 COSTANTINO
 (Qual foglio in man di Fausta?)
 FAUSTA
 Sul rischio del mio sposo
840vegliate, o dei. Ma... (Al veder Costantino)
 COSTANTINO
                                        Che? Fausta si turba
 dello sposo alla vista e cela il foglio?
 EMILIA
 (Che sarà mai?)
 FAUSTA
                                 Signor...
 COSTANTINO
                                                   Qual carta? E donde?
 FAUSTA
 Di una carta innocente...
 COSTANTINO
 Innocente la carta e si nasconde?
 FAUSTA
845Soffri che a te si taccia
 questo arcano onorato.
 COSTANTINO
                                            Ad un marito
 vanta arcani una moglie?
 FAUSTA
 E ben gli vanta, ove il silenzio è giusto.
 EMILIA
 (Lo turba gelosia).
 COSTANTINO
850(Si avvalora il sospetto). A Costantino
 tacer Fausta potrà, non ad augusto.
 FAUSTA
 Né di augusto all’onore
 né a quel di Costantino insidia il foglio.
 COSTANTINO
 Dunque più ti assicura e a me lo porgi.
 FAUSTA
855Nol dimandar, ten prego.
 COSTANTINO
 Se il neghi, il foglio è reo, tu rea con esso.
 FAUSTA
 Io rea? Tanto mi offendi?
 COSTANTINO
                                                 Onde l’avesti?
 FAUSTA
 Dalle mani di Albino.
 EMILIA
                                          È ver, signore.
 COSTANTINO
 A te chi lo fidò?
 EMILIA
                                (Dei, che rispondo?)
 COSTANTINO
860Taci? Questa è innocenza? E questa è fede?
 FAUSTA
 Parla. Di’ che Licinio a te lo diede.
 COSTANTINO
 Licinio a Fausta? E con l’autore il foglio
 a me si cela? Ah, donna ingrata! Ah mostro
 di perfidia sleal.
 FAUSTA
                                 La mia innocenza
865questi nomi non soffre. A tuo talento
 satolla in queste note
 quella, che il cor ti rode,
 di cieca gelosia furia spietata.
 Prendi. Leggi; e poi dimmi
870se perfida son io, s’io sono ingrata.
 COSTANTINO
 «Quanto sa Costantin del suo periglio (Legge)
 non lo assicura ancor. L’ombre vicine
 a te potrian toglier lo sposo. In questo
 io adempio al mio dover. Tu adempi al resto».
875Questa è carta innocente?
 Io col chiamarti rea tanto ti offendo?
 Cieca è la gelosia che il cor mi rode?
 EMILIA
 (Oh rischio!)
 COSTANTINO
                           Oh tradimento! Oh colpa! Oh frode!
 FAUSTA
 Costantin...
 COSTANTINO
                        Taci, iniqua.
 FAUSTA
880Sposo...
 COSTANTINO
                  Scordati un nome
 di cui profani ’l grado e offendi ’l dono.
 FAUSTA
 Signor...
 COSTANTINO
                   Che dir potrai?
 FAUSTA
                                                 Che rea non sono.
 COSTANTINO
 Tu non sei rea? Scrisse Licinio?
 FAUSTA
                                                            Scrisse.
 COSTANTINO
 A Fausta?
 FAUSTA
                      A Fausta scrisse.
 COSTANTINO
                                                      E rei non siete
885di scellerato amor? D’empie congiure?
 L’onor di Costantin, l’onor di augusto
 non insidia la carta? Empia, spergiura,
 si tradisce il mio letto e l’onor mio?
 FAUSTA
 Dica il ciel...
 COSTANTINO
                          Che può dir?
 FAUSTA
                                                    Se rea son io.
 COSTANTINO
890Questo lo dice. Il traditor Licinio,
 col darti l’empia speme
 del mio vicin cader, già teco adempie
 il suo dover. Tu adempi al resto. Affretta
 a’ danni miei la fatal notte, o iniqua.
895Vieni. Co’ primi colpi in questo petto
 a’ colpi del fellon la strada insegna.
 Che pensi più? Che tardi più? Non resta
 altra perfidia all’empia idea che questa.
 FAUSTA
 Parla in Licinio il zelo.
 COSTANTINO
900Menti. Nel traditor parla la certa
 speme del tradimento. A te lo sposo
 toglier potrian l’ombre vicine? Al colpo
 qual braccio? Di Licinio. Il negherai?
 FAUSTA
 Signor...
 COSTANTINO
                   Sì, di Licinio; e tu lo sai.
 FAUSTA
905Forse altro autor...
 COSTANTINO
                                    No no, l’antico amante
 tu solleciti al colpo. Esso t’invita
 a compirlo col resto. Esso consiglia
 con la sua la tua colpa.
 FAUSTA
                                           (Oh padre! Oh figlia!)
 COSTANTINO
 Vedi se rea tu sei. Sien le tue stanze
910confine a’ passi tuoi. Di lei rispondi (Ad Emilia)
 tu più cauto e più fido all’ire mie.
 EMILIA
 Un rigido custode avrà in Albino.
 (E soccorso da me la sua innocenza).
 FAUSTA
 Tu rea mi vuoi? Pazienza. Almen più giusto...
 COSTANTINO
915Mira se giusto io sono. In Massimiano
 il tuo giudice avrai.
 Vanne. Da lui la sua, la mia vendetta,
 sposa nimica e indegna figlia, aspetta.
 FAUSTA
 Sia mio giudice il padre
920e seco augusto il sia. Pietà non cerco.
 Non ricorro all’amor. De’ falli miei
 siate giudici entrambi, entrambi irati;
 mi assolverete entrambi;
 e di Fausta nel cor, degna e amorosa,
925ei troverà la figlia e tu la sposa.
 
    S’io son rea, se infida io sono,
 qui mi svena e ti perdono
 la mia pena e i tuoi furori.
 
    Esser posso sventurata;
930ma spergiura e scellerata...
 Se da me saper nol vuoi,
 ditel voi, miei casti amori.
 
 SCENA X
 
 COSTANTINO
 
 COSTANTINO
 Miei pensieri, a vendetta. In Massimiano
 abbiamo un gran sostegno.
935Leon, Licinio, Fausta... Oh dio, qual nome
 deggio punir! Sì, Fausta e quanti rei
 vollero il mio morir, tutti morranno.
 L’esercito mi è fido. Ancor sul trono
 m’amano i miei vassalli.
940Cesare ancora e Costantino io sono.
 
    Mora Fausta... Fausta? Oh dei!
 Non vi ascolto, affetti miei,
 se per lei
 mi parlate di pietà.
 
945   S’ella offese il letto e il trono,
 il perdono è disonor
 e l’amor saria viltà.
 
 Il fine dell’atto terzo